SOS Abusi Psicologici

FAQ

In questa sezione si cercherà di rispondere in breve alle domande che ci vengono poste riguardo le tematiche che trattiamo.

Bullismo

Cos’è il bullismo?

Il bullismo è una specifica forma di violenza che, diversamente dalle normali schermaglie che esistono tra ragazzi, acquisisce dei tratti persecutori con cui il bullo attacca la vittima designata, allo scopo di esercitare il suo potere per assoggettarla fino anche ad annientarla. In parole semplici è un giovane prepotente che si impone sugli altri con atti di “terrore psicologico” circondandosi di gregari con i quali stabilizzare il suo potere.

Cosa fa il bullo?

Il bullo si comporta in modo aggressivo usando parole offensive, diffondendo bugie oppure insultando la sua vittima. Molto spesso usa le minacce ma altre volte fa uso di violenza fisica per spaventare ed ottenere ciò che vuole. Lo scopo è quello di isolare la sua vittima che, in questo modo, perde sempre più sicurezza e il tessuto sociale intorno a lei si sgretola in quanto, quasi sempre, i compagni si allontanano per paura di ricevere lo stesso trattamento.

Chi è la vittima del bullo?

Quasi sempre il bullo cerca la sua vittima fra coloro che sono diversi oppure quelli che ritiene non siano in grado di difendersi o che non accettano il suo potere, e talvolta anche le sue avances sessuali.

Quali sono le conseguenze del bullismo?

Il bullismo ha degli effetti terribili su chi lo subisce: ansia, depressione, problemi psicosomatici. Da studi condotti in vari paesi, fra cui l’Italia, il 30-33% dei ragazzi cosiddetti bulli a scuola sono diventati criminali in seguito.

Occorre pertanto un’azione congiunta della scuola in primis (preside e insegnanti), delle famiglie, della società civile, che sono tenute a vigilare e prendere posizione contro tali manifestazioni lesive.

Il nostro supporto

L’associazione SOS Abusi Psicologici ha attivato un protocollo per accogliere le richieste di aiuto delle vittime e delle loro famiglie presso il proprio centro. Possono essere richiesti colloqui anche da parte dei “bulli” e delle loro famiglie.

Mobbing

1) Cosa si intende per mobbing?

Il mobbing è un fenomeno complesso che può esprimersi attraverso diverse forme, quali emarginazione, continue critiche, diffusione di maldicenze, assegnazione di compiti dequalificanti arrivando perfino a “sabotaggi” o azioni illegali. Le condizioni perché si possa parlare di mobbing, tuttavia, sono la presenza della durata e sistematicità di tali azioni. Infatti, se le attività che danno luogo al mobbing prese singolarmente possono non essere distruttive, è l’atteggiamento persecutorio ed il ricorso ad esse continuativamente che diventa una subdola strategia di destabilizzazione della persona lavoratrice.

Importanti ricerche sul mobbing sottolineano le conseguenze estreme del fenomeno: danni alla salute della vittima, alla vita di relazione, alla professionalità. Conseguenze negative si riversano anche sulla famiglia del mobbizzato comportando problematiche sia di natura economica che relazionale (figli, coniuge, genitori). Il danno si estende anche alla stessa comunità: il sistema sanitario nazionale, infatti, deve sostenere costi per terapie, ricoveri, medicine, con un aumento degli oneri sociali, quali sussidi, pensioni anticipate, mobilità, invalidità, ammortizzatori.

Il mobbing ha costi elevati per l’azienda, diretti o indiretti dovuti ad un generale malessere che incide sulla produttività, le lunghe assenze del lavoratore per malattia, la perdita d’immagine dell’azienda che può comportare conseguenze nel mercato, la perdita di lavoratori capaci, le denunce e le vertenze promosse dai mobbizzati.

2) Cosa sono i Punti di Ascolto Antimobbing della Regione FVG?

Con la Legge Regionale 8/04/2005 n° 7 sulla prevenzione e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori dalle molestie morali e psico-fisiche nell’ambiente di lavoro, la Regione Friuli Venezia Giulia ha inteso acquisire la Risoluzione del Parlamento Europeo che già nel 2002 sollecitava gli Stati membri a porre maggiore attenzione alle condizioni dei lavoratori in tutta la UE.

Infatti la stessa Risoluzione 2001/2339 constatava che il mobbing è ancora un grave problema negli stati dell’Unione, che ancora pochi casi vengono segnalati e che permangono difficoltà nel trovare strumenti efficaci per prevenire e contrastare il problema. Il Friuli Venezia Giulia è tra le prime regioni italiane ad essersi fatta carico di azioni positive per sviluppare una cultura rispettosa dei diritti della persona lavoratrice, migliorandone la qualità della vita e delle relazioni sociali nei contesti lavorativi.

3) Come posso mettermi in contatto con i Punti di Ascolto Antimobbing a Udine e Pordenone?

Punto di Ascolto Antimobbing – Provincia di Udine

I lavoratori interessati possono rivolgersi al Punto di Ascolto Antimobbing accreditato della Provincia di Udine presso la Provincia di Udine in Palazzo Belgrado, p.zza Patriarcato n° 3 a Udine nelle seguenti giornate:

  • lunedì-mercoledì: ore 11.00-19.00
  • giovedì: ore 10.00-16.00

E presso l’infopoint di Tolmezzo nella sede della Provincia di Udine in via Carnia Libera 1944 a Tolmezzo nella giornata di:

  • martedì: ore 11.00-16.00

Sito web: http://www.provincia.udine.it/sociale/antimobbing/Pages/default.aspx
E-mail: antimobbing@provincia.udine.it

Punto di Ascolto Antimobbing – Provincia di Pordenone

Punto di Ascolto accreditato della UST-CISL e Provincia di Pordenone presso Villa Carinzia in viale Martelli 51 a Pordenone:

  • da lunedì a venerdì: dalle ore 15.00 alle 19.00

E-mail: antimobbing@provincia.pordenone.it

4) Come funzionano i Punti di Ascolto Antimobbing della Regione FVG?

I PUNTI DI ASCOLTO ANTIMOBBING DELLE PROVINCE DI UDINE E PORDENONE

a) ACCOGLIENZA

Le lavoratrici ed i lavoratori che si ritengono vittime di “mobbing” vengono accolti dalle operatrici dei Punti di Ascolto le quali effettuano l’ascolto raccogliendo i dati e la documentazione, se esistente, concernente la situazione di vessazione presentata. In questa prima fase le operatrici cercano di comprendere al meglio la situazione di malessere descritta evidenziando tutti gli aspetti critici che emergono per poter meglio orientare le richieste dei lavoratori.

b) CONSULENZA

Sulla base delle evidenze che emergono e coerentemente con le attese del lavoratore, le operatrici provvedono a fissare gli appuntamenti con i professionisti incaricati, ricorrendo alle figure professionali previste dalla legge regionale: psicoterapeuta o psichiatra, medico del lavoro, medico legale, avvocato.

Le prestazioni dei professionisti non contemplano terapie psicologiche e mediche, né assistenza legale e si qualificano come mera consulenza. Dopo aver studiato la situazione dichiarata dal lavoratore e la documentazione, i professionisti propongono al lavoratore delle strategie per affrontare la situazione di vessazione sul lavoro.

c) SOSTEGNO E PREVENZIONE

Il sostegno e la prevenzione si concretizzano nelle strategie offerte, tese ad un miglioramento della situazione lavorativa dell’utente. Sono previsti inoltre: l’orientamento del lavoratore verso la rete dei servizi e degli interlocutori territoriali ed il sostegno con attività di feed-back e percorsi di empowerment.

d) MONITORAGGIO

È prevista la collaborazione dei Punti di Ascolto Anti-mobbing con le strutture preposte alla sicurezza nell’ambiente di lavoro, in merito alla raccolta di dati statistici sul fenomeno del mobbing.

Sette e forme alternative di spiritualità

Cosa intendiamo per setta

In inglese esiste una differenza concettuale tra il termine “sect” e il termine “cult”, entrambi traducibili in italiano come “setta”. Il concetto espresso dall’inglese “sect” indica un gruppo minoritario staccatosi da una fede maggiore. Si potrebbe dire, ad esempio, che il cristianesimo delle origini fosse una “setta” rispetto alla fede ebraica, maggioritaria in Palestina all’inizio dell’era cristiana. Il concetto espresso dal termine “cult”, invece, indica un gruppo con certe caratteristiche di chiusura e di intransigenza che non necessariamente appartengono alla “sect”. Nel mondo anglosassone viene usato il termine cult per riferirsi a quelle organizzazioni che noi definiremmo “setta”.

In Italia il termine “setta” aveva un significato sociologico simile a quello di “sect”, cioè un gruppo che si è staccato da una tradizione religiosa maggioritaria, oppure che si fonda intorno a un leader carismatico. Con il tempo il termine “setta” ha perso il suo significato sociologico neutrale, acquistando invece un’accezione criminologica negativa. Di fatto in Italia definire un gruppo “setta” può costare una denuncia per calunnia o diffamazione. Molti definiscono tali gruppi “Nuovi movimenti religiosi” o “Minoranze religiose”, ma non sempre ci si trova di fronte a movimenti e quindi la definizione diventa ancora estremamente complessa e manca un consenso su cosa si possa considerare setta.

Ma cosa sono le sette? Vogliamo adottare la descrizione data dall’ICSA, International Cultic Studies Association, la cui missione dal 1979 è quella di applicare la ricerca e la prospettiva professionale al fenomeno dei gruppi “ad alto controllo” (es. sette, gruppi violenti, terrorismo ecc.). Considerando che, allo stato attuale, non esiste una definizione condivisa su cosa sia una setta, l’ICSA ha fatto sua la proposta del sociologo Benjamin Zablocki, che evidenzia gli elementi chiave nelle situazioni di gruppi fortemente manipolativi:

“…è un’organizzazione ideologica tenuta insieme da relazioni carismatiche che richiede un impegno totale”.

Per carisma l’ICSA fa riferimento ad un potere spirituale o una qualità personale che dà ad un individuo una considerevole influenza o autorità su un gran numero di persone. Da ciò ne deriva che una setta è caratterizzata da un’ideologia, forti richieste che provengono da quella ideologia e potenti processi di influenza socio-psicologica che inducono i membri di quel gruppo a rispondere a quelle richieste. Gruppi nei quali c’è una presenza di forti richieste ed un clima sociale che ruota intorno ad un leader, rischiano di sfruttare e danneggiare i propri membri, ma possono rimanere innocui se il leader non abusa di questo potere.

La manipolazione socio-psicologica ed il controllo tipico di organizzazioni settarie possono anche essere ritrovati in altre organizzazioni e movimenti, perfino quelli appartenenti alla tradizione religiosa, con la differenza che, mentre in alcuni gruppi centrati su un leader vivente questi non è tenuto a rispondere ad alcuno, i movimenti religiosi più tradizionali possono essere controllati e corretti da autorità superiori alle quali debbono dar conto.

Per maggiori approfondimenti si vedano gli articoli dell’ICSA: http://italia.icsa.name/lassociazione/definizione

Le sette danneggiano le persone?

I gruppi in cui forte è il controllo variano enormemente nella loro potenzialità di danneggiare. Il danno può essere fisico, psicologico, economico, sociale e/o spirituale. Le persone rispondono in modo molto variegato anche nello stesso gruppo: alcuni rimangono illesi mentre altri sono devastati. Sebbene gli accademici discutano sul livello, le cause e gli effetti delle pratiche dannose di un gruppo specifico, noi riteniamo che una premessa di buon senso possa essere fatta, come ricorda Michael Langone, direttore dell’ICSA: in alcune circostanze alcuni gruppi possono danneggiare alcune persone.

I gruppi ad alto controllo, comunemente definite sette, non sono necessariamente pericolosi, però possono diventarlo quando usano la loro influenza per manipolare, ingannare, sfruttare i membri. Come centro che si occupa di aiutare le vittime o i loro famigliari, la nostra attenzione è su queste pratiche e sugli effetti negativi di queste sugli individui e le famiglie. A noi non interessa tenere una lista di gruppi pericolosi ma, certamente in quanto centro cui si rivolgono le vittime, diventiamo particolarmente sensibili quando verifichiamo più e più volte un determinato tipo di comportamento messo in atto dallo stesso gruppo.

In genere si può affermare che il coinvolgimento nei gruppi più estremi o ad alto controllo probabilmente danneggerà molti, se non la maggior parte dei membri di quel gruppo. Tra questi, soprattutto i bambini, che all’interno di queste realtà sono esposti a molti pericoli: dall’eccesso di punizioni corporali a trascuratezza medica e psicologica, sudditanza al leader del gruppo.

Perché siamo contrari ad una legge speciale antisette?

Fermo restando che alcuni gruppi possono essere particolarmente estremi, riteniamo che il nostro paese non debba dotarsi di una legge speciale antisette, perché le leggi già esistenti sono più che adeguate per colpire i reati che eventualmente si verificano all’interno di questi gruppi.

Si legga: http://www.abusievessazioni.it/wp-content/uploads/2012/05/manipolazione-psicologica_leggi-speciali1.pdf

Per questo motivo il nostro gruppo si è impegnato fin dal 2005 per informare il Consiglio Regionale del FVG sulla necessità di approcciarsi in modo positivo al fenomeno con una legge che favorisse la prevenzione ed il sostegno alle persone colpite. Ringraziamo l’allora Consigliere Roberto Asquini che ha proposto il disegno di legge regionale n. 128 del 2010 diventato legge nel 2012, L.R. 11/2012.

http://www.abusievessazioni.it/wp-content/uploads/2012/05/la-legge-per-la-tutela-delle-persone-vittime-di-manipolazione.pdf

Per sostenere le persone colpite è fondamentale l’attivazione di centri indipendenti ed un’esperienza consolidata nel settore con professionisti esperti in un’ottica multidisciplinare.

Il gruppo di lavoro dell’associazione SOS Abusi Psicologici fin dal 2009 si è dotato di un protocollo interno per la presa in carico dei casi che arrivano, aggiornato successivamente nel 2013.

Stalking

Il D.L. n° 11 del 23/02/2009 riguardante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” nell’art. 7 ha introdotto il reato di stalking (612 bis).

Art. 612-bis (Atti persecutori)

«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.»

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